Palloni di carta – 19 gennaio 2011

.:: Milanisticamente parlando::.

“I signori bauscia, nonostante l’atavica supponenza […] dovranno continuare ad invidiarci. Imitarci o superarci no, perché anche mettendocela tutta non ne saranno mai capaci. Troppo diabolici noi, per il loro catto-interismo”. Sergio Giuntini è un intellettuale, storico, autore di molti saggi. Ma Sergio Giuntini è la dimostrazione di come la conoscenza attuata alla perfidia produca risultati sghignazzanti.
Per la casa editrice meneghina “Sedizioni”, ha scritto un pamphlet godereccio ed ozioso, ideale da leggersi in quell’Arcadia infernale chiamata stadio. “Pape Milan Aleppe. Il Milan è un linguaggio di poeti e prosatori” è, lo dice lui stesso, in apertura, con ben più di un tocco di soddisfazione malcelata, la “via milanista alla letteratura”. Perché al centro del testo ci sono tutti gli eroi che hanno fatto grande (e celebre) il Diavolo. C’è Liedolhm e c’è Baresi, c’è Rivera e c’è Van Basten, c’è Gullit e c’è Schiaffino. Ci sono tutti quanti hanno fatto impazzire i cugini, schiaffeggiandoli per una lunga parte della loro storia passata e recente.

Ma, ancor più delle loro carni, ci sono le loro trasfigurazioni letterarie. Ci sono le parole che racconti, romanzi, poesie ed articoli giornalisti hanno marcato a fuoco nel ventre del tempo per eternificarli. Come calciatori e come uomini. Figurine adesive incollate sull’immane album del mito.

Il punto di vista di Giuntini è volutamente parziale. Milanista nel midollo e, per rivendicazione, di “sinistra-sinistra”. Sarà per questo che incarna, nel contempo, la figura del Tacito (lo storico), di Cicerone (l’avvocato) e di Giulio Cesare (il generale).

Come storico, menziona, uno dopo l’altro, tutti coloro, letterati e poeti, giornalisti e scribacchini che, dal dopoguerra ad oggi hanno, pur soltanto a mezzo di un rapido passaggio, alluso al Milan. Lo fa in un linguaggio pieno di scherzosi eccessi, in un milanistese (il linguaggio ufficiale del tifoso) che lancia spunti e butta bombe esilaranti nel campo avversario. Cita Alfonso Gatto, Franco Loi, Leonardo Coen, Pierpaolo Pasolini, Lorenzo Bianciardi e Michele Prisco; obietta contro Gianni Brera, il milanista rinnegato, ricorda Giulio Nascimbeni e se la ride con Beppe Viola; si esalta ballando sulle parole del cileno (milanista) Antonio Skarmeta e del giapponese Kazuo Ishiguro. E non si esime dall’accostamento donna – calcio quando ricorda gli stupori diversi di Camilla Cederna ed Oriana Fallaci di fronte all’Abatino Rivera. Che, in barba a Santon, a vent’anni, “valeva già come un jet bimotore, un Rembrandt, un Botticelli e due Cezanne”. Accostamento di livello talmente lontano, quello fra calcio ed arte, che diventa compatibile soltanto se, sul piatto della bilancia, si pongono artista con artista.

Come Cicerone, Giuntini si sente in diritto di difendere se stesso. Si fa voce della categoria del tifoso imbarazzato che arrossisce al pensiero del Presidente Operaio. E così reclama al banco degli imputati altri rosso(neri). Chiama a deporre al banco della curva altri nomi, ma stessa passione. Assume la veste di avvocato del Diavolo, perché lui stesso si sente Diavolo. Smonta i perbenismi interisti, di quanti portano nelle sacche bontà da distribuire e poi “torna a casa e picchia i figli” (Viola), di chi esalta il presidente “petroliere ecologista”. Rivendica, ridendo ma neanche troppo, il diritto di esistere al di là delle persone e dei finanziatori. Al di là dei governi e delle ideologie. Perché, ricorda, già un tempo provarono a cambiar volto alla squadra, imponendole una “o” di troppo. Era il 1939, l’autarchia fascista delle vocali finali, l’italianizzazione di territori e di valori che italiani non potevano essere.

E fa da generale. Avoca a sé gli scrittori milanisti, si pone a capo di una colonna di indiavolati per partire all’assalto del fortino nerazzurro. “Altroché interismo – leninismo”.

È un libro che farà sorridere e gasare i milanisti tanto quanto incazzare gli interisti. Tanto che la lettura è sconsigliata a quanti ammalati di malattie quali: vittimismo, favoritismo, guidorossismo, telecomismo cronico. Facciamoci una risata.

Sergio Giuntini, “Pape Milan Aleppe. Il Milan è un linguaggio di prosatori e poeti”, Sedizioni 2010
Giudizio: 3 / 5 – Milanista-leninista

LINK: http://www.statoquotidiano.it/19/01/2011/palloni-di-carta-9/40543/

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